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I media mondo

venerdì, agosto 25, 2006

Col corpo e con la testa davanti ai media 2




È evidente che i prodotti mediali, in particolare l’intrattenimento, consentono di fare continuamente esperienza di modalità comportamentali, affettive, educative, attraverso pratiche di riconoscimento e distanziamento. Film, cronaca, fiction, romanzi e infinite altre narrazioni mediali si offrono come occasione continua di auto osservazione, come opportunità di riflettere su se stessi attraverso percorsi di adesione o negazione delle forme comportamentali e motivazionali che si osservano.
Nelle diverse forme di narrazione mediale si produce un raddoppiamento della realtà: da una parte quella spazio-temporale dell’osservatore (spettatore, lettore, ecc.) e, dall’altra, quella della narrazione. Un vero e proprio mondo che si costruisce a partire dalla distinzione che l’osservatore crea con il proprio: la “realtà reale” vs quella fiction. Si tratta di una realtà fittizia chiusa ed autonoma, che trae plausibilità da se stessa, dal proprio modo di raccontarsi. Ed è proprio questa sua marcatura che garantisce di non confonderla con la realtà fattuale e, anzi, di poter continuamente passare il confine tra l’una dimensione e l’altra, consentendo alla riflessività di svilupparsi. I personaggi narrati sono entità sulle quale proiettare il proprio vissuto, sperimentando sentimenti, emozioni, motivazioni, dando vita ad un gioco di interpretazioni, che è lo stesso che facciamo su noi stessi, nel tentare di capirci.
Da una parte dunque viviamo i media dall’esterno, osservando testi mediali, dall’altra facciamo di tale condizione un’esperienza interiore che nella sua elaborazione produce senso. La perenne condizione di oscillazione tra dentro e fuori i media diviene la condizione stabile di conoscenza nei media-mondo.
In questa dinamica conoscitiva ci siamo fatti sempre più attenti osservatori della realtà. Abbiamo familiarizzato con le dinamiche mediali che ci hanno portato ad essere spettatori che si fanno un’idea del mondo e degli altri riconoscendo le proprie vite in un proliferare di sceneggiature di vite immaginate, vivendo spesso “in terza persona”, facendo esperienze vicarie, astratte e concrete al contempo, e quindi acquisendo conoscenza attraverso forme disancorate dal corpo.
(continua)